Capitolo XV
illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840
"Allo spuntar del giorno, Renzo russava da circa sett'ore, ed era ancora, poveretto! sul più bello, quando due forti scosse alle braccia, e una voce che dappiè del letto gridava: - Lorenzo Tramaglino! - lo fecero riscotere. Si risentì, ritirò le braccia, aprì gli occhi a stento; e vide ritto appiè del letto un uomo vestito di nero, e due armati, uno di qua, uno di là del capezzale..."
CHI?
illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840
È il funzionario addetto alla giustizia criminale che trae in arresto Renzo a Milano, il giorno seguente il tumulto di S. Martino in cui il giovane è rimasto coinvolto pur non avendo commesso alcun delitto: compare nel cap. XV, dopo che il poliziotto travestito ha avvicinato Renzo all'osteria della Luna Piena e gli ha estorto con uno stratagemma il nome per spiccare contro di lui un mandato di cattura, dopo aver tentato inutilmente di servirsi dell'aiuto dell'oste (costui aveva chiesto a Renzo di dirgli il nome in virtù di una grida, che prescrive ai gestori di locande di registrare tutti coloro che vi alloggiano per dormire). È lo stesso oste a recarsi al palazzo di giustizia, a tarda sera, per rendere testimonianza di fronte al notaio circa i fatti che sono avvenuti alla sua taverna: il magistrato lo informa che la giustizia sa già il nome di Renzo e accusa velatamente l'oste di non dire tutta la verità, poiché il giovane ha portato nell'osteria un pane rubato durante l'assalto ai forni (in realtà Renzo l'aveva raccolto in terra al suo ingresso in città) e ha sobillato gli altri avventori con parole sediziose (mentre si è limitato a inveire contro le gride che, a suo dire, non garantiscono la giustizia alla povera gente). L'oste riesce con furbizia e diplomazia a eludere le insinuazioni del notaio, il quale cerca di convincerlo che la giustizia colpirà in modo implacabile i rivoltosi e gli chiede dove si trovi ora Renzo: l'oste ribatte che il giovane sta dormendo alla locanda e il notaio gli ordina di sorvegliarlo e di non farlo scappare, cosa che tra l'altro dimostra tutta l'impotenza e la scarsità di mezzi della giustizia, nonostante l'atteggiamento tracotante e pieno di alterigia del funzionario (l'oste ne è ben consapevole e tutto il dialogo è pieno di sottintesi ironici, con il locandiere che bada solo a proteggere i suoi interessi e si tiene alla larga dalle questioni giudiziarie).
Il mattino dopo il notaio si reca all'osteria in compagnia di due birri, per trarre in arresto Renzo che viene svegliato nella sua stanza mentre è ancora in preda al sonno: il funzionario è preoccupato, poiché venendo lì ha notato nelle strade la presenza di molti gruppi di popolani e teme che si preparino altri disordini, come il vociare crescente che proviene dall'esterno sembra confermare; l'uomo teme che Renzo possa trovare l'appoggio di altri rivoltosi, dunque preferisce tenerlo buono ed evitare di portarlo via con la forza, nel timore che nascano tafferugli. Per questo finge di acconsentire quando Renzo chiede di essere condotto da Ferrer e accetta di restituirgli il denaro e la lettera di padre Cristoforo che gli aveva sequestrato, facendo poi cenno ai birri di non farlo adirare e di non reagire alle sue provocazioni (Renzo ha intuito che il notaio ha paura e decide di approfittarne per tentare la fuga alla prima occasione). Il magistrato gli fa mettere i "manichini", una sorta di manette che gli stringono i polsi, quindi cerca di convincerlo a seguirlo con le buone, senza dare nell'occhio quando sarà in strada e promettendogli che appena sarà sbrigata questa formalità Renzo sarà libero di andarsene: il giovane capisce che sono tutte menzogne e, una volta in strada, inizia ad attirare l'attenzione dei passanti, finché un gruppo di sediziosi non circonda la comitiva con fare minaccioso. Renzo chiede aiuto e dice che lo stanno arrestando perché ha gridato "pane e giustizia", quindi i birri lo lasciano andare e il notaio tenta di mescolarsi alla folla, in cui tuttavia non può passare inosservato per via della cappa nera che indossa e lo rende facilmente riconoscibile. Un popolano lo indica come un "corvaccio" e incita la folla contro di lui, anche se il notaio riesce a sottrarsi alla calca e a scampare miracolosamente al linciaggio.
Il personaggio è parte della critica manzoniana contro l'inefficienza e le storture del sistema giudiziario del XVII secolo, in quanto il notaio non è interessato a stabilire la verità ma solo a trovare un malcapitato da arrestare per i torbidi del giorno prima: Renzo è giudicato colpevole ben prima di essere interrogato e ciò sulla base di congetture e convincimenti personali, come appare chiaramente dal dialogo con l'oste della Luna Piena (in cui il notaio si comporta da grande inquisitore e usa il tipico linguaggio delle gride, attribuendo a Renzo dei crimini che non solo il giovane non ha commesso, ma per i quali non esiste alcuna prova). Il giorno dopo si comporterà in modo ben diverso e assumerà un atteggiamento comico pur di sottrarsi a una situazione difficile, fino a uscire di scena in modo ridicolo e vedendo fallire tutti i suoi stratagemmi (l'autore ironizza su di lui, anche col dire che il notaio faceva parte degli amici dell'anonimo autore del manoscritto).
DOVE?
illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840
È la principale città lombarda del XVII secolo e la sede del governo spagnolo dell'epoca, nonché la capitale dell'omonimo Ducato e uno dei principali centri dell'Italia settentrionale: rappresenta l'unica reale ambientazione urbana di cui l'autore fornisca una descrizione diretta e dettagliata nel corso del romanzo, in cui essa è lo scenario di due importanti episodi narrativi (il primo viaggio di Renzo, in occasione del tumulto per il pane dell'11 novembre 1628, e il secondo viaggio quando la città è sconvolta dalla peste del 1630). Milano è mostrata come una una grande città caotica e tumultuosa, malsana, dominata da una folla disordinata e violenta che si contrappone alla pacifica e quieta popolazione contadina dei piccoli centri (il Bergamasco, il paese dei due promessi...), in accordo con la visione manzoniana che privilegia le ambientazioni rurali e rappresenta quelle cittadine come negative e piene di vizi morali. Non a caso sarà soprattutto Renzo ad essere protagonista di varie "disavventure" nelle strade della metropoli, all'interno di un percorso morale che sarà occasione per lui di crescita umana e di "formazione" (specie in occasione del secondo viaggio, in cui l'attraversamento della città flagellata dalla peste appare quasi come una "discesa agli inferi"), mentre Lucia, pur essendo presente come personaggio in questo spazio narrativo, non vi viene quasi mai mostrata se non all'interno della casa di donna Prassede e don Ferrante, oppure nel lazzaretto che costituisce una sorta di universo separato e in certo modo indipendente dalla realtà cittadina in cui pure è inserito. Fanno parte dell'ambientazione milanese anche il forno delle Grucce e l'osteria della Luna Piena, per cui si rimanda alle rispettive voci.
È quasi inutile sottolineare che Milano riveste grande importanza nell'economia narrativa del romanzo e molte pagine sono dedicate alla sua descrizione, sia per l'effettiva importanza della città fin dai tempi più antichi, sia in quanto luogo in cui l'autore è nato e ha trascorso quasi la sua intera vita, per cui la conoscenza che Manzoni ha di tale ambientazione riflette la sua personale esperienza (la stessa cosa, del resto, può dirsi per tutti gli altri luoghi del romanzo, non a caso posti anch'essi in Lombardia). Lo scrittore ricostruisce l'ambiente della Milano del Seicento basandosi sulle testimonianze degli storici dell'epoca, che egli consulta scrupolosamente e non manca di citare all'occasione.
QUANDO?
RIASSUNTO
TEMI PRINCIPALI TRATTATI NEL CAPITOLO
Il protagonista della prima parte del capitolo è ancora l'oste della Luna Piena, astuto levantino abile a proteggere i suoi affari e ad evitare conseguenze legali: mette a letto Renzo, senza scordare di farsi pagare il dovuto (sa bene che il giorno dopo il suo cliente avrà altro a cui pensare) e poi va a chiarire la sua posizione con la giustizia, non prima di aver raccomandato alla moglie la condotta più prudente da osservare con la marmaglia che ancora è presente nella sua osteria. Nel successivo soliloquio in strada riassume in sintesi la sua visione del mondo, accusando Renzo di essere un "asino" venuto a guastagli gli affari nella locanda, mentre nel confronto col notaio criminale dimostra astuzia e diplomazia, come già ha fatto col poliziotto nell'osteria.
Il paragone tra l'oste (che osserva alla luce del lume Renzo che dorme) e Psiche (che contempla Amore secondo il racconto mitologico) suona decisamente ironico e rientra in quella degradazione dei miti classici che è presente in Manzoni dopo la conversione, specie per suscitare effetti comici (anche se qui, forse, l'immagine non è del tutto appropriata).
Il notaio si presenta in modo decisamente diverso nella prima e nella seconda parte dell'episodio: quando interroga l'oste, circondato dai suoi birri al palazzo di giustizia, ha un atteggiamento protervo e tracotante, minaccia severi castighi a tutti i rivoltosi e tenta di convincere l'interlocutore (o forse se stesso) che la giustizia è padrona di Milano; di fronte a Renzo, nel timore dei disordini di piazza, ha un'aria docile e sottomessa, tentando di convincerlo a collaborare nella speranza di condurlo via in fretta (e alla fine resterà scornato, oltre ad essere ridicolizzato dal romanziere).
La lettera di padre Cristoforo che il notaio restituisce a Renzo verrà citata dal mercante all'osteria di Gorgonzola (cap. XVI), anche se essa verrà deformata dalle dicerie popolari sino a diventare un "fascio di lettere", ora in mano alla giustizia e in cui sarebbe descritta "tutta la cabala". Renzo imprecherà in seguito contro le chiacchiere del mercante, affermando che la lettera è stata scritta da un "religioso" di gran valore e non parla certo di sedizioni o complotti.
TRAMA
GLOSSARIO
Bargello: sbirro, guardia
Cecino: bel tipo
Con usura: con gli interessi
Il morto: soldi per pagare il conto
Il ruzzo: il capriccio
In compendio: in poche parole
La spranghetta: mal di testa
Manichini: polsini
Manieroso: gentile
Mariolo: ladruncolo, furfante
M'ha delle obbligazioni: è in debito con me
Noioso: fastidioso
Paziente: l'arrestato
Per celia: per scherzo
Prendergli il ganascino: affettuoso pizzicotto sulla guancia
Randello: bastone
Sarete spicciato: sarete libero
Satelliti: le due guardie
Stare alle mosse: trattenersi
Tangheri: scemi, stupidi
Trinciando: tagliando l'aria con le mani
Un visibilio: un sacco
Una volta: alla buon'ora
DOMANDE SULLA COMPRENSIONE DEL CAPITOLO:
1) Cerca e ricopia le quattro brevi similitudini all’inizio del capitolo fino a quando l’oste «uscì» dalla camera di Renzo.
2) Commenta i pensieri dell'oste che sta avvicinandosi al palazzo di Giustizia e va incontrando i «gastigamatti»: fai attenzione alle sue riflessioni sulle «gride».
3) Perchè il notaio consiglia agli sbirri e a Renzo di camminare per strada come se fossero «tre galantuomini che vanno a spasso»? Leggi il capitolo fino in fondo prima di rispondere.