Capitolo IX
illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840
"Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un'impressione di bellezza, ma d'una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi,
scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva una fronte di diversa, ma non d'inferiore bianchezza. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si ravvicinavano, con un rapido movimento..."
CHI?
illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840
È la madre di Lucia, un'anziana vedova che vive con l'unica figlia in una casa posta in fondo al paese: di lei non c'è una descrizione fisica, ma è presentata come una donna avanti negli anni, molto attaccata a Lucia per quale "si sarebbe... buttata nel fuoco", così come è sinceramente affezionata a Renzo che considera quasi come un secondo figlio. Viene introdotta alla fine del cap. II, quando Renzo informa Lucia del fatto che le nozze sono andate a monte, e in seguito viene descritta come una donna alquanto energica, dalla pronta risposta salace e alquanto incline al pettegolezzo (in questo non molto diversa da Perpetua). Rispetto a Lucia dimostra più spirito d'iniziativa, poiché è lei a consigliare a Renzo di rivolgersi all'Azzecca-garbugli (III), poi propone lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa" (VI) e in seguito invita don Abbondio e Perpetua a rifugiarsi nel castello dell'innominato per sfuggire ai lanzichenecchi (XXIX). È piuttosto economa e alquanto attaccata al denaro, se non proprio avara, come si vede quando rimprovera Lucia di aver dato troppe noci a fra Galdino (III) e nella cura che dimostra nel custodire il denaro avuto in dono dall'innominato. A differenza dei due promessi sposi non si ammala di peste (ci viene detto nel cap. XXXVII) e, dopo il matrimonio, si trasferisce con Renzo e Lucia nel Bergamasco, dove vive con loro ancora vari anni. Del defunto marito e padre di Lucia non viene mai fatta parola e, curiosamente, il fatto che Agnese sia vedova viene menzionato solo nel cap. XXXVII, quando la donna torna al paese e trova la casa quasi intatta dopo il periodo della peste (il narratore osserva che "questa volta, trattandosi d’una povera vedova e d’una povera fanciulla, avevan fatto la guardia gli angioli").
DOVE?
illustrazione originale di Francesco Gonin del 1840
È il più importante fiume della Lombardia e uno degli affluenti di sinistra del Po, il cui corso (lungo 313 km) nasce sulle Alpi Retiche e si dirige a ovest percorrendo la Valtellina, fino a gettarsi nel lago di Como: riprende nome e aspetto di fiume a Lecco, per estendersi nei laghetti di Pescarenico e Garlate, e successivamente scorre in direzione sud fino a sboccare in pianura presso Trezzo, continuando a serpeggiare con ampi meandri e gettandosi nel Po presso Castelnuovo Bocca d'Adda, fra Piacenza e Cremona. Al tempo della vicenda del romanzo formava per un buon tratto il confine naturale tra il Ducato di Milano e il territorio della Repubblica di Venezia, mentre la sua presenza domina molte parti della narrazione specie nei capitoli iniziali, ambientati nel paesino dei due promessi che sorge non lontano da Lecco e che, in un certo senso, si affaccia sulle rive del fiume. Il cap. I si apre con l'ampia e famosa descrizione paesaggistica, in cui l'autore descrive i luoghi del romanzo e spiega che il ramo meridionale del lago di Como si restringe presso Lecco e sembra assumere di nuovo l'aspetto del fiume, fino al punto in cui il corso d'acqua si allarga nuovamente formando il laghetto di Garlate (vengono citati indirettamente i torrenti Gerenzone, Galdone e Bione, che si gettano nelle acque del fiume). Pescarenico sorge sulle rive del lago dove questo si restringe vicino al ponte di Lecco e da qui padre Cristoforo organizza la fuga di Renzo, Agnese e Lucia dal loro paese, dopo il fallito tentativo di rapire la giovane da parte di don Rodrigo: un barcaiolo raccoglie i tre nel punto in cui il Bione sfocia nel lago e li trasporta sulla riva destra dell'Adda, da dove un barocciaio li accompagnerà a Monza (VIII). In seguito il fiume diventa la meta di Renzo dopo la sua fuga da Milano in seguito al tumulto di S. Martino, quando il giovane, ricercato dalla giustizia, intende varcare il confine e riparare nel Bergamasco (Bergamo all'epoca si trovava nel territorio della Repubblica veneta): Renzo all'osteria di Gorgonzola chiede al locandiere quanto sia distante l'Adda e si sente rispondere che mancano ancora sei miglia da lì ai punti in cui normalmente si può passare il fiume, ovvero Cassano e la chiatta di Canonica (XVI); in seguito il giovane si addentra nella macchia boscosa che orla il fiume non lontano da Trezzo d'Adda (XVII) e si smarrisce nel fitto della boscaglia, assalito da paure e angosce per il buio e il freddo (è un momento importante nel percorso di "formazione" del personaggio, in fuga e braccato dalla giustizia dopo i fatti di Milano). Il mormorio delle acque del fiume, che si sente a una certa distanza poiché esso "ha buona voce", rianima Renzo che ritrova tutto il suo coraggio, mentre l'autore sottolinea che l'Adda è per lui un amico, un fratello, un salvatore (il fiume assume una valenza simbolica, come la prima importante meta raggiunta da Renzo che, da lì in avanti, compirà un deciso progresso nella ricerca della salvezza). Il giovane saggiamente non tenta il guado del fiume, che sa avere una corrente molto forte e insidiosa, e il giorno dopo riesce a superarlo grazie all'aiuto di un pescatore, che lo porta sulla sua barca fino alla sponda bergamasca. Nell'episodio si dice che Renzo è "Nato e cresciuto alla seconda sorgente, per dir così, di quel fiume", alludendo al fatto che il suo paese sorge vicino a Lecco dove l'Adda esce dal lago di Como per poi confluire nuovamente nel lago di Garlate, e questo spiega come il giovane sappia che il fiume fa da confine per un tratto fra i due Stati.
QUANDO?
RIASSUNTO
TEMI PRINCIPALI TRATTATI NEL CAPITOLO
Il capitolo è diviso in due parti, la prima delle quali descrive l'arrivo dei tre protagonisti a Monza, la separazione da Renzo e infine la presentazione delle due donne a Gertrude, mentre la seconda è l'inizio del lungo flashback che ripercorre l'infanzia e la giovinezza della monaca (la sua storia si concluderà nel cap. X). La digressione costituisce un vero "romanzo nel romanzo" e ha la funzione non solo di spiegare il comportamento singolare della "Signora" e il suo successivo coinvolgimento nel rapimento di Lucia, ma anche di condannare la spietata condotta del padre della giovane che agisce in nome dell'onore e dell'orgoglio nobiliare (si veda oltre).
La separazione di Renzo e Lucia durerà a lungo, dal momento che il giovane sarà costretto a fuggire nel Bergamasco in seguito al suo coinvolgimento nella sommossa di Milano del giorno di S. Martino, per cui i due potranno rivedersi solo nel cap. XXXVI (quando Renzo ritroverà la sua promessa sposa al lazzaretto).
La figura del padre guardiano dei cappuccini cui si rivolgono Agnese e Lucia è una figura secondaria, ma tratteggiata con tratti sapienti dall'autore: non ha nulla dell'autorevolezza di padre Cristoforo e, anzi, nutre un ingenuo ottimismo circa il rifugio presso la "Signora" che crede sicuro, mentre si rivelerà una trappola per la povera Lucia; appare fin troppo sollecito ad evitare i pettegolezzi facendosi vedere in strada con le due donne e in seguito mostra un certo untuoso servilismo (sia pure a fin di bene) nel rivolgersi a Gertrude e nell'istruire Lucia e la madre su come trattare con lei, in quanto appartenente a un ceto sociale superiore.
Nel rivolgersi a Lucia, Gertrude insinua il "dubbio maligno" che la giovane potesse essere innamorata di don Rodrigo e che la madre l'abbia costretta a sposare Renzo per toglierle quel partito dalla testa: la ragazza, nonostante la sua ingenuità e inesperienza, intuisce dove voglia arrivare la monaca e risponde a tono, spazzando via ogni sospetto circa i suoi sentimenti per il promesso sposo. Gertrude agisce sotto la spinta della sua morbosa curiosità, ma anche dalla triste esperienza che, spesso, i genitori impongono le proprie scelte ai figli come è accaduto a lei.
La storia di Gertrude allude alla reale vicenda di Marianna de Leyva (1575-1650), figlia del nobile milanese e feudatario di Monza don Martino, che fu costretta a monacarsi contro il suo volere e intrecciò in seguito una relazione con un giovane scapestrato e assassino chiamato Gian Paolo Osio: Manzoni usa come fonte privilegiata Giuseppe Ripamonti, autore nel XVII secolo di vari scritti storiografici su Milano e la peste che forniscono al romanziere anche altri dettagli per lo scenario dell'opera (è lo "storico milanese" citato all'inizio di questo capitolo).
L'uso di costringere alla monacazione i figli cadetti per non intaccare il patrimonio avito è realmente attestato e assai diffuso nelle famiglie nobili, non solo milanesi, dell'Italia del XVII-XVIII secolo: la critica dell'autore è rivolta soprattutto alla prepotenza esercitata contro giovani innocenti dai loro padri, ma anche contro un uso distorto e a fini del tutto esecrabili della religione.
TRAMA
GLOSSARIO
Allogate: sistemate
Anatema: maledizione
Cadetti: figli non primogeniti
Chicche: coccole, regali, piccole attenzioni
Concerti: accordi
Conversa: suora laica, addetta agli incarichi più umili e semplici
Coonestare: giustificare
Divezzarsene: liberarsene
Doviziosi: ricchi
Fallo: errore
Far capitale: contare sull'aiuto
Giulivo: felice, contento
Governare: accudire
Il carattere: la calligrafia, il tratto, la grafia
Incomodata: ammalata
Indeterminatamente: senza porre condizioni
Inveterato: antico
Non attaccava: non le rispondevano
Per minuto: nei minimi particolari
Proda: riva
Punto: per niente, affatto
Ragguaglio: informazione
Regalar: ricompensare
Ridotta: obbligata
Scemare: attenuare
Scorrere: correre
Secolaresca: mondana
Sfrattato: licenziato
Si concentraron: si accordarono
Soggolo: velo che circonda il viso
Solo: da solo
Stuccata: stanca
Un bravo: uno coraggioso, sfacciato
DOMANDE SULLA COMPRENSIONE DEL CAPITOLO:
1) Cosa dice il barcaiolo quando i tre fuggiaschi lo ringraziano per il suo aiuto? Commenta la frase e trascrivila.
2) Come descrive il Manzoni la monaca di Monza? Cosa dice del suo modo di vestirsi, pettinarsi, comportarsi? Dalle sue maniere possiamo intuire che è una «monaca particolare»?
3) Cosa intende la monaca con la frase «già lo so che i parenti hanno sempre una risposta da dare in nome dei loro figlioli»?
4) Perchè Gertrude risponde con tanta facilità al richiamo del paggio?